TORINO – Diverse decine di dipendenti nel pomeriggio di ieri sono scesi in strada per dire no al nuovo contratto interno deciso unilateralmente dall’azienda. “Un documento inaccettabile”.
di Giovanni D’Amelio
Una protesta pacifica, che si è svolta fuori dall’orario di lavoro, è stata promossa ieri pomeriggio, venerdì 28 ottobre, direttamente dai dipendenti dello stabilimento Tim di corso Bramante 20, a Torino. Il motivo di questa mobilitazione lo spiega Fabrizio Aquilini, sindacalista della Slc Cgil, presente al sit-in per dare il suo appoggio ai manifestanti. “Il contratto nazionale del gruppo Tim è scaduto ormai dal 2008 e in questi giorni si sta discutendo a Roma il suo rinnovo. In quest’ottica, la dirigenza dello stabilimento di corso Bramante ha pensato bene di presentare un contratto di 2° livello, con un’applicazione solo in questa sede che conta circa un centinaio di dipendenti, che secondo i lavoratori è semplicemente inaccettabile”. I punti più controversi, aggiunge il rappresentate della RSU, riguardano il demansionamento dei dipendenti, (la possibilità, cioè, di utilizzare i lavoratori per compiti inferiori rispetto a quelli per i quali sono stati assunti e inquadrati), la decisione aziendale di poter ridurre e successivamente recuperare, a proprio piacimento e senza preavviso, ore di lavoro in base alle necessità del momento, il blocco degli scatti di anzianità per chi è stato assunto dopo il 2000, l’eliminazione del bonus di mancato rientro per coloro che si trovano ad operare fuori sede e che non possono usufruire della mensa aziendale.
Come dicevamo, la manifestazione è stata organizzata, fatto un po’ insolito, direttamente dai lavoratori, in primis da Isidoro Di Lucente e Franco Protano, che hanno voluto replicare l’esperienza di alcuni loro colleghi promossa in uno stabilimento Tim in Sicilia. “Abbiamo scelto la strada della spontaneità della manifestazione – sottolinea Di Lucente – perché noi facciamo parte di questa azienda e riteniamo sbagliato che si continui sempre a tagliare, mentre sarebbe più logico investire. Cerchiamo un dialogo per dire la nostra, ma al momento non sembra che ciò interessi ai vertici aziendali”. Ancora più diretto Protano: “Alcuni manager pensano più al loro stipendio che non a quello dei lavoratori”, aggiungendo, che la speranza dei manifestanti è che l’azienda torni sui suoi passi e che apra un tavolo di discussione e di trattativa.
Per dovere di cronaca, abbiamo cercato di parlare con un responsabile dello stabilimento, ma al momento della manifestazione non era presente nessun addetto in grado di rispondere alle nostre domande.