Ieri abbiamo pubblicato un articolo che parla della situazione abitativa a Caselle. Oggi ci spostiamo a Borgaro, riproponendo un reportage apparso a fine aprile sul mensile NonSoloContro.
di Giovanni D’Amelio
Borgaro – “Anche nella nostra città, l’emergenza abitativa sta assumendo contorni drammatici. La situazione è progressivamente peggiorata per via del perdurare della crisi e le fasce deboli sono diventate debolissime”. L’assessore alle Politiche abitative, Gianluigi Casotti, pronuncia queste parole quasi a filo di voce, rimarcando la gravità del problema e di quanto poco possa fare il Comune con i propri mezzi per risolvere una criticità che al momento riguarda sistematicamente una quindicina di nuclei familiari residenti. I numeri non ingannino: quindici può sembrare una cifra piccola, ma non lo è se si pensa che oltre a non esserci case in cui sistemare le persone bisognose non ci sono neanche i soldi per risolvere strutturalmente l’emergenza. “Purtroppo – sostiene Casotti – a livello nazionale non si sta portando avanti una politica abitativa efficace, non si costruiscono nuove case popolari e si cerca di arginare le necessità con interventi tampone”. L’assessore, però, fa anche mea culpa. “A Borgaro, come in tantissimi altri Comuni, è mancata in questi ultimi dieci anni una certa lungimiranza ad anticipare i bisogni della popolazione e forse ora si potrebbe contare su una maggiore disponibilità di abitazioni comunali”.
LE CASE POPOLARI – Sul territorio borgarese esistono 198 appartamenti (148 di proprietà del CIT, Consorzio Intercomunale Torinese – ubicate in via Torazza a Mappano e in via Gramsci e viale Martiri della Libertà nel concentrico – e 50 dell’ATC, Agenzia Territoriale per la Casa – in via Lattes – alle quali vanno aggiunte 13 case comunali – 8 in via Matteotti, 4 a Villa Tapparelli e 1 in viale Martiri). Per avere diritto all’assegnazione di una di queste abitazioni bisogna partecipare ad un bando pubblico che si tiene ogni tre anni (il prossimo a settembre 2016), il quale porta alla stesura di una graduatoria dei richiedenti. Man mano che si libera una casa (a Borgaro mediamente siamo sulle 4 abitazioni all’anno) subentra il primo in lista. La graduatoria attuale conta 63 nuclei familiari, di cui una trentina residenti a Borgaro e il resto negli altri 15 Comuni che fanno parte dell’Ambito Territoriale 5 (Barbania, Borgaro Torinese, Caselle Torinese, Cirié, Fiano, Front Canavese, Grosso, Levone, Mathi, Nole, Robassomero, Rocca Canavese, San Carlo Canavese, San Francesco Al Campo, San Maurizio Canavese, Vauda Canavese, Villanova Canavese). In linea di massima, l’affitto per le case popolari va dagli 80 ai 180 euro mensili.
LA NECESSITA’ ABITATIVA A BORGARO – “Per il 90% dei casi – spiega ancora l’assessore Casotti – l’emergenza è causa o di sfratto o di sovraffollamento di ritorno (cioè il rientro nel nucleo familiare originario di componenti, come i figli, che l’avevano precedente lasciato, ndr). Di solito il moroso ce lo comunica e chiede aiuto. In alcuni casi siamo riusciti a risolvere il problema con il padrone di casa, ma la mediazione non sempre è possibile. Nonostante stimiamo l’esistenza di un centinaio di alloggi sfitti, i proprietari in caso di dubbio non affittano e non basta neanche la garanzia che può offrire il Comune per un lasso di tempo. Per questo da quest’anno non aderiamo più al sistema LoCaRe”. Nel momento in cui viene dichiarato lo sfratto esecutivo le persone che occupano l’abitazione in questione devono abbandonarla. “In assenza di soluzioni immediate sul territorio – aggiunge ancora l’esponente di Giunta – il Comune, a proprie spese, sistema queste persone temporaneamente in case destinate a questa occorrenza e che nel nostro caso si trovano a Settimo Torinese e a Pino Torinese”. Ma quanti soldi l’amministrazione comunale destina per l’emergenza abitativa? “Dal 2012 in poi – risponde Casotti – siamo arrivati a spendere circa 30 mila euro all’anno, una cifra cospicua per le nostre casse. Per i prossimi anni – conclude l’assessore – non prevediamo miglioramenti della situazione e per questo stiamo valutando possibili azioni alternative, di cui al momento non posso dire nulla, per arginare almeno in parte questo tipo di complicazione sociale”.