Incassi ridotti tra il 50 e il 70%. In molti sperano in un aiuto immediato del Comune e dello Stato per contenere una situazione che rischia di lasciare solo serrande abbassate.
di G. D’Amelio
Nella giornata di ieri, mercoledì 11 marzo, quindi a poche ore dal Decreto Presidenziale che da oggi vieta l’apertura in Italia di tutte quelle attività che trattano beni e servizi non indispensabili e non di prima necessità, abbiamo compiuto un giro tra alcune attività commerciali del Comune di Borgaro, per parlare con i negozianti, per sentire la loro opinioni, per ascoltare la loro voglia di resistere e cogliere il loro spirito di resilienza in un periodo veramente buio.
Come da copione, pochi clienti in giro e quindi pochi incassi. “Se si continua di questo passo – hanno affermato in parecchi, meglio chiudere per un po’, almeno non rischiamo di ammalarci“. E c’è chi, per un motivo o per l’altro, ha già chiuso, o chiuderà molto in anticipo rispetto al suo orario di attività. Si lavora per pochi euro, insufficienti anche a coprire i costi fissi di giornata. A marzo, ha sostenuto la maggioranza dei nostri intervistati, mediamente il calo del volume d’affari si aggira sul 50-70%. “Mi auguro – è il pensiero di tutti – che il Comune e lo Stato ci vengano incontro sul pagamento delle tasse e sull’attivazione degli ammortizzatori sociali“. “Se io non prendo lo stipendio – ha sottolineato un barista – posso farmene una ragione, ma non vorrei arrivare a licenziare i miei dipendenti“.
Negozianti unanimi anche sull’eventuale provvedimento, che è poi arrivato in serata, di chiusura degli esercizi. “Se serve per fermare il contagio – ha chiosato un parrucchiere – ben venga. Tanto qui ormai non si lavora più”.
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