Festa o celebrazione? Ricorrenza a sfondo commerciale o momento importante per discutere e confrontarsi sul grado di civiltà della società in cui viviamo?
di Giada Rapa
Manca poco all’8 marzo e di conseguenza alla celebrazione della Giornata Internazionale della Donna. Al giorno d’oggi, per molte la “Festa” sembra essere null’altro che una scusa per uscire con le amiche, andare in qualche locale, magari bere un paio di bicchieri di troppo. Molte donne non sanno quale significato si nasconde dietro questa ricorrenza, che invece di una festa dovrebbe essere definita celebrazione. Quest’ultima ha infatti lo scopo di ricordare non solo i tanti traguardi raggiunti in campo sociale, economico e politico, ma anche per prendere coscienza delle situazioni in cui violenza, discriminazione e soprusi sulle donne sono ancora una realtà costante.
Eppure non dobbiamo pensare che queste cose accadano solo in paesi retrogradi, dove vige il fanatismo religioso. La violenza è qui intorno a noi. I simboli dell’emancipazione femminile sono diventati armi a doppio taglio che spesso portano a pessime giustificazioni, come dare la colpa di un’aggressione sessuale a una ragazza che indossa una minigonna. Ma nonostante alcuni esempi scoraggianti non possiamo dimenticare le tante, tantissime conquiste delle donne nel ‘900, come il diritto di voto, la parità salariale, l’istituzione degli asili nido, la possibilità di divorziare e di interrompere una gravidanza.
Martedì sera, quando usciremo a festeggiare con le amiche proviamo anche a pensare per un momento a quante donne coraggiose, con la loro caparbietà e tenacia, ci hanno permesso di vivere al giorno d’oggi con questi diritti. E pensiamo anche a chi, nel mondo, sta ancora combattendo affinché altre donne possano ottenerli.