Borgaro: i ragazzi hanno raccontato i loro passi della legalità


In un incontro che si è tenuto di recente, sono state ripercorse le tappe del viaggio In Calabria, alla scoperta di luoghi confiscati alla mafia e oggi riqualificati.

di Giada Rapa

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Di legalità bisognerebbe parlare sempre e non soltanto il 23 di maggio, giorno della strage di Capaci e data simbolo della lotta alle mafie. Un insegnamento prezioso che sta apprendendo un gruppo di ragazzi e ragazze borgaresi che hanno aderito al progetto “I Passi della Legalità”- Un appuntamento che annualmente viene promosso dall’associazione Parole&Musica, in collaborazione con l’associazione 5 Sensi, all’Oratorio e al Punto Giò. E se lo scorso anno questi passi avevano portato i giovani a Palermo, luogo di memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quest’anno si è optato per una meta diversa.

Grazie al contributo dell’amministrazione comunale -di  4.500 euro perché, come ribadito dall’assessore Eugenio Bertuol, si crede fortemente in questo progetto e nel cambiamento che possono portare le nuove generazioni- il gruppo si è recato in Calabria, per scoprire i luoghi confiscati alla ‘ndrangheta e oggi riqualificati per creare lavoro e speranza di legalità.  Questa emozionante esperienza, vissuta dall’11 al 15 maggio scorso, è stata raccontata attraverso una serie di immagini e video, nonché di testimonianze direte anche da parte degli operatori che hanno accompagnato i ragazzi, nella serata il lunedì 27 maggio presso i locali dell’oratorio. Di grande impatto, per esempio, il confronto con Michele Albanese, giornalista che vive sotto scorta per aver denunciato la ‘ndrangheta.

In videochiamata anche don Pino De Masi, che a Polistena ha incontrato i giovani borgaresi presso il centro dedicato a padre Pino Puglisi e che, come ha sottolineato il parroco di Borgaro don Alessandro, rappresenta una chiesa molto più attiva, che sa porsi problemi e che sa agire. Entrambi i parroci hanno lanciato un messaggio importante ai ragazzi: quello di non essere “addormentati”, ma anzi di vivere la loro città da protagonisti. Perché solo in questo modo può davvero diffondersi la cultura della legalità.


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