Sei condanne al Processo San Michele, giustizia per l’architetto casellese Mauro Esposito


Il giudice ha disposto in favore del testimone chiave del procedimento, il versamento di una provvisionale di 100 mila euro. I danni saranno comunque quantificati in futuro con una causa civile.

Mauro Esposito

Torino – Si è chiuso oggi, martedì 21 dicembre, con sei condanne il processo San Michele relativo alla presenza della ‘ndrangheta nel Nord Ovest. “Sono contento della sentenza – ha commentato l’imprenditore casellese Mauro Esposito, testimone chiave del dibattimento – perché il giudice ha riconosciuto l’associazione per delinquere di stampo mafioso e l’estorsione a mio danno. Mi sono stati riconosciuti i danni che dovranno essere quantificati in sede civile e una provvisionale di 100 mila euro. Spero – ha aggiunto – che adesso tutte le istituzioni che mi hanno creato dei problemi, innanzitutto Inarcassa, mi vengano incontro alla luce di questa sentenza”.

“Ora il Governo nomini subito il Commissario per le vittime di racket e usura” ha postato su Facebook subito dopo la sentenza il parlamentare torinese del PD Davide Mattiello. “Le condanne arrivate oggi – pur non essendo definitive, costituiscono una tappa importante nel percorso di giustizia che le forze dell’ordine e la magistratura stanno portando avanti ormai da oltre un decennio. Il processo San Michele – ha concluso Mattiello – è importante in particolare perché dimostra la capacità del nostro sistema investigativo e giudiziario di reagire tempestivamente per fermare sul nascere le infiltrazioni mafiose anche negli appalti delle grandi opere. Ma in questo processo ha svolto un ruolo rilevante l’architetto Mauro Esposito che con le sue denunce ha permesso agli inquirenti di avere un quadro preciso della situazione”.

LE CONDANNE – A Vincenzo Donato la pena più alta: 9 anni e 6 mesi di reclusione, mentre Luigino Greco è stato condannato a 9 anni e 4 mesi, Pasquale Greco a 3 anni e 20 mila euro di multa, Ion Marian Lubine a 5 anni e 5.500 euro di multa, Nicola Mirante a 9 anni di reclusione e Giovanni Toro a 7 anni. Per tutti i condannati è stata riconosciuta dal giudice l’accusa di associazione mafiosa e, a vario titolo, di concorso esterno.


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Giovanni D'Amelio