CASELLE – Ieri pomeriggio, presso il centro cittadino, un gruppo di manifestanti, in buona parte proveniente da Torino, è sceso in piazza per protestare contro tutte la guerre.
di Alessia Sette
Sabato 12 marzo, dalle ore 15, piazza Boschiassi è stata luogo del presidio allestito da un nutrito gruppo antimilitarista, che con stand, libri, volantini e canzoni ha manifestato contro l’industria bellica italiana. Un’assemblea che ha visto la partecipazione di uomini e donne di diverse età, accomunati dall’idea che fare le guerre è sbagliato e per questo bisogna opporsi. Numerose anche le forze dell’ordine presenti tra Vigili, Carabinieri e Digos.
“Manifestare è un nostro diritto, solo scendendo in piazza e mettendoci la faccia possiamo fermare questa autentica carneficina – racconta un ragazzo – ed è noto a tutti che l’Italia fa affari con tutti, per quanto riguarda il commercio di armi. Il governo di Renzi protesta per un giovane friulano torturato a morte dalla polizia egiziana (Giulio Regeni, ndr), ma intanto fa business con la cruda dittatura militare che semina morte e puzza di sangue”. “Presto circa 500 militari italiani andranno in Iraq per difendere gli affari della ditta italiana che farà i lavori alla diga di Mosul – aggiunge un altro- ma noi dobbiamo disertare la guerra, di qualsiasi forma essa sia. Le varie prove generali dei conflitti vengono fatte nelle basi sparse per l’Italia. Recentemente in Sicilia e in Sardegna sono scesi in piazza antimilitaristi decisi a mettersi di mezzo, dove per ben due volte sono riusciti ad interrompere le esercitazioni della NATO. Doppiamo partire dal territorio in cui viviamo, dove siamo colmi di fabbriche d’armi e uomini armati”.
A seguire, i manifestante si sono mossi in corteo per le vie di Caselle, fino ad arrivare sotto la freccia tricolore della rotonda sulla strada provinciale, con le bandiere rosse e nere e striscioni, con discorsi al megafono sull’orrore delle fabbriche d’armi, contro l’Alenia, i cui aerei militari sono stati impiegati nelle guerre di questi anni: dalla Somalia al Kosovo, dall’Iraq all’Afganistan, alla Libia. Il tutto con sottofondo l’audio del rumore delle bombe che cadono. “Chi produce e vende armi è complice di chi le usa. I giocattoli dell’Alenia uccidono uomini, donne e bambini ovunque si giochi una partita di potenza tra Stati”, concludono.