Dopo il no del Sindaco di Favria a celebrare l’unione di una coppia gay, sul tema abbiamo sondato le opinioni di chi amministra Borgaro, Caselle, San Francesco al Campo, San Maurizio, Cirié e San Carlo.
di Giada Rapa e Cristiano Cravero
Circa un mese fa, il Sindaco di Favria, Serafino Ferrino (lista civica), ha vissuto un suo momento di notorietà sui giornali e in tv per essersi rifiutato di celebrare un’unione civile tra due persone dello stesso sesso. Un caso che ha fatto gridare allo scandalo la parte favorevole a questo istituto, ma che ha ricevuto applausi invece dall’altra, quella contraria. Abbiamo quindi chiesto ad alcuni sindaci della zona nord del torinese quale comportamento adotterebbero loro nel caso si ritrovassero, e non è detto che non capiti a breve, in una situazione simile.
Nessun problema per Claudio Gambino (PD), Sindaco di Borgaro. “Celebrerei con piacere il matrimonio e, anzi, sono contento che finalmente sia stato riconosciuto il diritto alla propria unione. L’amore non guarda al sesso, ma al cuore, e se non si è una famiglia definita tradizionale non cambia nulla. Seppur tardivamente come Italia stiamo andando nella giusta direzione, riconoscere questi diritti è una battaglia di civiltà”. Più tiepida la reazione del suo collega di Caselle, Luca Baracco (PD), che comunque non avanzerebbe opposizioni. “Se mi troverò in un caso simile celebrerò l’unione, proprio come previsto dalla legge. Fortunatamente adesso abbiamo una legge che norma questi casi, dal momento che ho sempre sostenuto che la risposta non fosse il Registro delle Unioni Civili dei singoli comuni”.
Spostandoci verso il ciriacese, Paolo Biavati (lista civica), primo cittadino di San Maurizio, si trincera dietro il suo ruolo. “Io sono un funzionario dello Stato Italiano – afferma – e come tale devo osservare le leggi in vigore. Quindi, se nel mio Comune dovesse capitare una coppia di fatto che chiede di sposarsi officerei il matrimonio in rito civile, esattamente come mi intima di fare la normativa nazionale”. Sergio Colombatto (lista civica),, Sindaco di San Francesco al Campo, non nasconde invece il suo pensiero. “Da un punto di vista strettamente personale non sono pienamente d’accordo con questa nuova legge, perché penso non sia giusto equiparare queste coppie a quelle tradizionali. Più che di matrimonio avrei preferito il termine patto di convivenza, per non snaturare quello che per me è il vero concetto di famiglia. Come Sindaco, invece, essendo un pubblico ufficiale, sono tenuto a rispettare le leggi e quindi celebrerei l’unione”. Sulla stessa linea di pensiero anche Ugo Papurello (lista civica), primo cittadino di San Carlo. “Ricopro la carica di Sindaco e quindi sono tenuto a rispettare le leggi che mi impongono il comportamento da tenere”.
Infine, Loredana Devietti (lista civica), Sindaca di Ciriè. “Penso che la legge sia in passo importante perché estende a chi si unisce civilmente, siano esse coppie eterosessuali o omosessuali, diritti e doveri paritari a quelli delle coppie tradizionali. A mio parere, però le unioni civili non sono equiparabili al matrimonio, che per me rimane il fondamento di una famiglia e che deve essere costituita da un uomo e una donna. Detto questo, la legge prevede che il Sindaco o suo delegato celebri le unioni civili, per cui, qualora ci fosse richiesta nel mio Comune onorerei io il compito o delegherei ad un mio sostituto se fossi impossibilitata a fatlo”.