Covid-19: storie di quarantene e di chi ha vissuto la malattia


Abbiamo parlato con alcune persone che, in periodi diversi, sono stati colpiti dal virus. Per comprendere meglio, nel bene e nel male, come ognuno vive a modo suo il dolore, il confinamento obbligatorio, la guarigione. Se vuoi raccontare la tua storia scrivi a info@sullascia.net.

dalla Redazione

“In un primo momento sono stata assalita da un senso di colpa, di poter essere stata a mia volta fonte di contagio, ma poi, mi sono calmata, perché ho preso coscienza che sono una delle tante che è stata colpita del virus pur tra mille attenzioni e precauzioni”

Il 30 dicembre 2020 raccontavamo la storia di una cittadina borgarese ultrasessantenne che, nonostante tutte le precauzioni prese, era stata colpita dal Covid-19. Anzi, da una delle sue forme più aggressive, che l’ha costretta al ricovero in ospedale per diverse settimane. “I medici non mi hanno certo indorato la pillola: mi hanno subito detto che avrei potuto aggravarmi all’improvviso come succede a tanti, perché ciascun soggetto reagisce in modo diverso a questo virus, che attacca principalmente i polmoni, ma può estendersi a qualsiasi altro organo” aveva spiegato. Tuttavia, ’ansia e la paura di un aggravamento improvviso sono state provate anche da coloro che sono stati colpiti da forme più leggere del virus.

NOTTI INSONNI E PAURA – Lo racconta bene M.S, docente di 31 anni, che a metà di ottobre 2020 si è ammalato insieme ai genitori, L.B e M.S, rispettivamente di 70 e 77 anni. “Abbiamo affrontato la terribile consapevolezza di essere stati colpiti da questa malattia della quale non si sa il decorso, con il pensiero che le nostre condizioni avrebbero potuto aggravarsi da un momento all’altro. La prima settimana in particolare, che è quella più a rischio di complicazioni, ho passato notti insonni per la paura, soprattutto per i miei genitori”. Questa sensazione l’ha provata anche C.G, impiegata cinquantunenne, madre di due figli, che si è contagiata a marzo di quest’anno. “I primi giorni ho provato davvero una brutta sensazione, forse anche causata dalla suggestione. Ho dormito pochissimo durante la notte, perché avvertivo bruciore e formicolio al petto e lungo la schiena. Andavo a dormire preoccupata, anche perché ero a casa sola con un minore”. Solo il figlio maggiore di C, infatti, è risultato positivo al Covid, mentre il più piccolo, negativo, ha vissuto per un mese dal padre, essendo la coppia divorziata. Fortunatamente, anche per loro non ci sono state complicazioni, anche se in ciascun caso il Covid si è presentato in modo leggermente diverso, sia come sintomatologia e sia una volta guariti. Il settantasettenne M.S, per esempio, ha avuto più difficoltà a sconfiggere la febbre, che si è protratta per diverse settimane, mentre si è risolta in due giorni per J.S, sedicenne studente al Liceo Classico.

TANTA STANCHEZZA E ALTERAZIONI DEL GUSTO – “Ho avuto qualche linea di febbre i primi due giorni -senza comunque mai superare i 37,5 °- insieme a un grande senso di stanchezza. Facendo la DAD, ho fatto un po’ fatica a seguire le lezioni al mattino e a svolgere i compiti nel pomeriggio, perché mi sentivo davvero spossato” spiega il giovane. “Inoltre anche io ho avuto una perdita parziale del gusto e dell’olfatto, ma ora ho recuperato al 100%”. La madre, invece, riscontra ancora una certa difficoltà a percepire gli odori. La signora L.B e il figlio durante la malattia hanno provato una leggera alterazione del gusto, seguito da inappetenza, mentre per il signor M.S l’alterazione è stata piuttosto intensa. Per quanto riguarda il recupero post-Covid, tutti hanno parlato di una sensazione di stanchezza, qualcuno anche di fiato corto e di difficoltà di concentrazione, la signora L.B ha addirittura sofferto di crampi alle mani per diversi mesi. “Un punto di forza è stato sicuramente avere un medico curante che, pur non potendo venire fisicamente a visitarci, è stato in contatto costante con noi, chiedendoci di verificare sempre la saturazione e il numero dei battiti e dei respiri al minuto, valutando se fosse il caso di rimanere a casa o recarci in ospedale” continua S.M, che però attesta il fallimento del sistema di tracciamento e sottolinea la lunghissima attesa patita per effettuare il tampone.

NON ABBASSARE LA GUARDIA – Problema riscontrato anche da C.G, la cui parte peggiore della quarantena è stata sicuramente l’impossibilità di vedere il figlio minore. Idem per J.S, che non ha potuto vedere né il fratello, né il padre. Tuttavia, in questi momenti di difficoltà, tutti hanno potuto contare sul supporto di familiari e amici. Ma se i nostri intervistati, quasi tutti borgaresi, sono stati fortunati, è importante non abbassare la guardia. Non è solo un’influenza -conclude S.M- e non si deve sottovalutare soltanto perché ne sono maggiormente colpiti gli anziani. Non dobbiamo perpetrare questo disinteresse nel legame generazionale solo per tornare al più presto alla vita di tutti i giorni”.

La cosa più brutta che mi ha colpito è stata quella, una volta guarita, di essere scansata dalle persone, anche dalle amicizie più strette, come se fossi un’untrice“.

QUARANTENE: TANTO TEMPO A DISPOSIZIONE PER FARE I CONTI CON SE STESSI – “Passati i primi giorni di disorientamento perché non sai bene cosa ti sta capitando – racconta D.D., commessa quarantenne – si è aperta la fase della riflessione e del mettere in discussione la mia intera vita. In me sono incominciati dibattiti, liti, discussioni, finché ho iniziato semplicemente ad accettare. Poi poco a poco è subentrato un senso di entusiasmo e rigenerazione, soprattutto per il fatto di avere tanto tempo a disposizione. Quasi da non voler più uscire di casa. In buona sostanza è stata una bella lezione di vita che non dimenticherò”.

QUEI LIBRI ACCATASTATI CHE ASPETTAVANO DI ESSERE LETTI – “Sono stata molto male” – ci dice A.A., 46 anni, impiegata, – anche se ho avuto la fortuna di vivere la malattia a casa e non in ospedale. In un primo momento sono stata assalita da un senso di colpa, di poter essere stata a mia volta fonte di contagio, ma poi, mi sono calmata, perché ho preso coscienza che sono una delle tante che è stata colpita del virus pur tra mille attenzioni e precauzioni. Poi – continua la donna – stanchezza a parte, ho iniziato a fare yoga, meditazione, ma soprattutto ho ripreso a leggere libri, quei libri che da anni sono accatastati sullo scaffale e che aspettavano solo di essere aperti. Ho riscoperto il valore del tempo, di quanto questo sia veramente prezioso. Ciò ha alleggerito la mia permanenza forzata a casa, che fondamentalmente non l’ho mai vissuta come una costrizione. Perché, personalmente, la mia non libertà non è quella di dover stare confinati per motivi sanitari, ma di vivere e agire secondo schemi, convenzioni e abitudini“.

TRATTATA COME UN’APPESTATA – “Sono stata a casa 21 giorni – testimonia A.M. 46 anni, anche lei commessa, – nel periodo di novembre 2020. La cosa più brutta che mi ha colpito è stata quella, una volta guarita, di essere scansata dalle persone, anche dalle amicizie più strette, come se fossi un’untrice. Questo mi ha fatto molto più male di quanto non abbia fatto il virus. Sostanzialmente questa esperienza non mi ha cambiata, ma forse mi ha fatto capire chi ti sta vicino a volte non ti aiuta a superare le difficoltà, ma ti butta ancora più giù. Oggi – ammette A.M. – ho paura di riprendere il Covid perché recentemente ho fatto un test sierologico da cui è emerso che non ho più anticorpi“.


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Giovanni D'Amelio