Nuova rubrica sulle tematiche dell’occupazione curata da un esperto del settore. La pandemia sta portando grandi cambiamenti in tutti i campi: formazione (digitale), relazione (professionale) e attivazione (personale) sono i tre pilastri che possono rappresentare un punto di partenza saldo e sicuro su cui costruire il futuro del nostro impiego.

di Claudio Fumaroli, addetto alle Risorse Umane e volontario dello Sportello Lavoro Ciriè, via Braccini 4
Una delle cose che senza dubbio ci ha insegnato il Covid-19 è stata l’imprevedibilità degli eventi e quindi la necessità di adottare approcci e modelli interpretativi più flessibili, resilienti e anti-fragili. Per questa ragione, quando si parla di “tendenze nel mercato del lavoro” o “il lavoro del futuro”, la prima e necessaria precisazione da fare è che ogni previsione è foriera di approssimazioni e generalizzazioni. La seconda, non meno importante, è l’universalità del cambiamento: tutti ne siamo colpiti, tutti possiamo essere “sbalzati fuori” da eventi imprevisti e repentini, tutti siamo chiamati ad essere pronti e proattivi.
Tuttavia, l’effetto del coronavirus sul mondo del lavoro è stato diverso per ciascuno, a seconda che il proprio impiego fosse nel settore pubblico o in quello privato, che il contratto fosse indeterminato o a scadenza, che la persona fosse dotata o meno di dispositivi informatici e di una rete internet affidabile. Purtroppo, i momenti di crisi fanno anche emergere in maniera più netta le disuguaglianze sociali ed economiche, le differenze tra i “protetti” e i “precari”, tra chi ha risorse umane e relazionali e chi abita le periferie esistenziali! Pertanto, quello che può essere utile per ridurre questo divario è fare pratica e trarre insegnamento, al fine di non trovarci impreparati alle nuove sfide, ma soprattutto alla grande incertezza e mutabilità che attraverserà per molti mesi ancora la nostra quotidianità.
La nostra “scatola degli attrezzi” dovrà quindi contenere necessariamente le competenze digitali, sia come strumenti (pc, smartphone, connessione internet veloce), sia come conoscenze personali (es.: uso di Excel, posta elettronica, navigazione internet,…). Durante il lockdown abbiamo toccato con mano come internet ci abbia permesso di ricevere la spesa a casa, di lavorare, di ricevere aggiornamenti sull’epidemia nel nostro paese, di seguire gli eventi on-line, di parlare con i nostri affetti vicini e lontani. Ora è il momento di investire in questa direzione e su di noi, per imparare qualcosa in più sui software e sui siti di ricerca del lavoro (es.: LinkedIn, siti aziendali,…). La seconda azione da fare è coltivare l’aspetto relazionale, cioè l’essere capaci di costruire (e mantenere) rapporti professionali anche a distanza, come abbiamo fatto con quelli personali. Avere una “routine digitale” nella ricerca del lavoro (es.: agenzie interinali, Centro per l’Impiego, conoscenti che lavorano nelle aziende in zona, ecc.) ci permette sia di non perdere la motivazione, sia di “seminare” senza sosta, né parsimonia. Terzo aspetto, la costruzione del proprio profilo lavorativo: risistemare il CV, aggiornare i nostri dati sui siti di agenzie e imprese, crearci account su nuovi siti, usare la fantasia (es.: guarda la tua dispensa o il volantino del supermercato che ti è arrivato in buca: fai l’elenco delle aziende pubblicizzate e vai a vedere dove sono e cosa cercano!), provare a battere nuove strade (es.: video-curriculum).
In sintesi, formazione (digitale), relazione (professionale) e attivazione (personale): questi tre pilastri possono rappresentare un punto di partenza saldo e sicuro su cui costruire la nostra ricerca e il futuro del nostro lavoro. Concludo questo primo articolo della rubrica rinnovando l’appello a quanti si sentono esclusi da questa rivoluzione digitale o che non se ne interessano: non vi fermate, non aspettate, non sperate che “tutto tornerà come prima”! Ora è il tempo per aggiornarsi, per rimettersi in moto, per cercare nuove strade: lo Sportello Lavoro Cirié è nato anche per questo.
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